RASSEGNA STAMPA

IL RIFORMISTA - Dalle molotov di Genova alla stradale

Roma, 22 agosto 2008

Dalle molotov di Genova alla stradale
Dopo 8 anni Sgalla lascia l'ufficio dove lo volle De Gennaro

Non ci sano vie di mezzo. Il persanaggio suscita sentimennti forti. Cossiga lo definì uno «sbirro di De Gennaro». Cosa ne pensino i no global è addirittura superfluo dirlo, visto il suo ruolo nella notte più buia del G8 del 2001, quella dell'assalto alla Diaz e della conferenza stampa rimasta negli annali per le famose - o famigerate - due bottiglie molotov. D'altra parte, a prescindere dal colore politico di chi in questi anni si è avvicenndato al Viminale, Roberto Sgalla di strada ne ha fatta da quando, ed erano gli anni Ottanta, era segretario del Siulp, l'allora sindacato unitario di Polizia vicino ai confederali. Poi, nel 2000, diventa capo della comunicazione della Polizia di Stato. E lì rimane per 8 anni. L'inizio è da brivido, IL G8 di Genova, appunnto. E un paese che trattiene il fiato dopo I'11 settembre 2001. Ora diventerà capo della Polizia Stradale.

«Tutto il gruppo che aveva responsabilità a Genova è stato promosso», protesta Vittorio Agnoletto, europarlamentare Prc-Se e leder del Social forum di Genova e, dunque, iI "nemico" di allora. Agnoletto insiste proprio sul profilo «bipartisan» di queste promozioni. «Ha corninciato Berlusconi - dice - ha proseguito Prodi, ora di nuovo Berlusconi». E' «durissimo» iI giudizio di Agnoletto sul G8. Parla di una conferenza starnpa «vergognosa», ricordando quella organizzata subito dopo l'assalto alla Diaz in cui si «cercò di negare l'evidenza», parlando di «persone che si erano fatte male nei giorni precedenti e che venivano trasportate in ospedale». Era la notte tra il 21 e il 22 luglio del 2001. II giomo dopo fu la volta della seconda conferenza starnpa, «quella in cui vennero mostrate le due molotov».

Sgalla era lì, inviato dai superiori a gestire la comunicazione di una vicenda sulla quale ancora oggi la magistratura deve fare chiarezza definitivamente. Non è indagato, non lo è mai stato, ma indirettamente il suo nome è finito nell'inchiesta ed è diventato importante per fare chiarezza sul ruolo che ebbe De Gennnaro. Al di là di tutto - si tratta appunto di vicende sulle quali si attende ancora il giudizio dei magistrati - ciò che a Sgalla oggi rimane è «l'amarezza nell'aver appreso, successivamente alla comunicazione, che alcuni elementi che potevano anche sostenere la bontà dell'intervento sembrerebbero purtroppo costruiti ad arte». Il riferirnento è alle due molotov poi sparite nel nulla.

Di tutt'altro tenore è il ricordo di un'altra vicenda che lo vide protagonista, quella successiva alla morte di Gabriele Sandri, ucciso in un autogrill vicino Arezzo. Sulla gestione della comunicazione si scatenò una mezza bufera ma su questo Sgalla rivendica la bontà dell'attività svolta ed è durissimo: «non c'è stata nessuna omertà».

Fu De Gennaro a chiarnarlo alla guida della comunicazione. Il lavoro di questi anni Sgalla lo ricorda con piacere. Forse anche per i diversi riconoscimenti ottenuti dal suo ufficio. Sono anni nei quali la comunicazione cambia mol to. Sono gli anni in cui anche la tv, con alcune serie di successo, comincia a raccontare le forze dell'ordine in un altro modo. La polizia, poi, rispetto ai carabinieri che non frequentano territori minati come l'ordine pubblico, finisce con più frequenza sotto pressione. Sono gli anni dell'arresto di Bernardo Provenzano e delle nuove Brigate Rosse, operazioni evidentemente delicate da raccontare. E sono anche anni di idee nuove e sperirnentazione che non mancano nell'ufficio di Sgalla. Internet diventa uno strumento importannte sia per comunicare con i cittadini sia come strurnento di servizio. E la polizia si apre alle scuole e mette in cantiere progetti che raggiungono rnigliaia di ragazzi.

Poi, a volte, può anche capitare di comrnettere qualche errrore. Corne quando in un manuale ad uso interno - realizzato per fomire agli agenti uno strurnento di comunicazione con i citttadini di lingua araba - in una mappa del Medioriente scomparvero i confini di Israele. «Fu un errore», ammette Sgalla che dovette mettere in fretta una pezza su una vicenda che poteva creare più di un grattacapo. Ma a difendere quel lavoro scese in campo la stessa comunità ebraica e la cosa finì lì. «Però - dice Sgalla - anche questa è la dimostrazione che chi fa sbaglia. La comunicazione è un'attivita delicata. Noi - spiega - tra iI fare e il non fare abbiamo sempre preferito il fare».

Alessandro Calvi